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Cambiamento e vecchie zie



Cambiare è un’esperienza totalizzante, che investe tutto il nostro essere.


Non basta solo agire il cambiamento perchè sia efficace, bisogna anche pensarlo.


Anzi, se è vero che i nostri pensieri si intrecciano alle nostre azioni in un rapporto di causa effetto, allora possiamo dire che come in un domino le tessere delle nostre azioni si abbassano solo se ricevono prima la spinta dei nostri pensieri.


Si tratta di pensieri speciali, forti, potenti che attivano e sostengono il motore del nostro movimento.


Gli esperti le chiamano convinzioni potenzianti, capaci di rimpiazzare quelle limitanti che al contrario trattengono e indeboliscono la nostra evoluzione.


Messa così sembra banale: voglio cambiare? Individuo le mie convinzioni limitanti! Le riconosco subito - sono brutte, arcigne, cattive - le caccio via e al loro posto invito una convinzione potenziante.


Il guaio è che le convenzioni limitanti non sono brutte né cattive, spesso sono tenere, come vecchie zie.


Queste speciali vecchie zie sono sempre presenti nelle occasioni importanti in cui parliamo con noi stessi; se non le andiamo a trovare o non le chiamiamo, per non essere dimenticate si fanno vive loro; quando meno ce lo aspettiamo suonano alla porta del nostro cuore e ci distolgono da quello che stiamo facendo, rimproverandoci della nostra disattenzione.


Sono legate al passato, negli occhi e nel cuore quei “bei tempi andati” da celebrare e difendere. Nelle loro parole un disco rotto: questi tempi moderni sono negativi, ogni novità è vissuta con sospetto. Ciò che è sempre stato deve continuare ad essere, cambiare l’ordine delle cose è sbagliato, spalanca un ignoto da fuggire; cambiare non solo è impossibile, peggio è pericoloso, porta sfortuna.


Sono fastidiose è un po’ petulanti, ma così dolci, con quegli occhi vispi, così rassicuranti. Rappresentano la continuità e le tradizioni di famiglia. le abbiamo sentite così tante volte ripetere le loro litanie da averle assorbite, inconsapevolmente. Le loro parole, così ricercate, così demodé, fanno capolino nei nostri discorsi, intercalari del nostro vocabolario.


Ecco perché in fondo siamo loro affezionati e ci è difficile respingerle o mandarle vie: sono parte di noi, il loro è un ricatto del cuore..


Ne so qualcosa io che proprio quest’estate le ho viste riapparire, inaspettate. E ho dovuto impegnarmi per combatterle.


Scrivere di quel momento mi è utile: mi aiuta a ricordare emozioni e pensieri, traduce in parole le strategie che ho adottato per seminarle


Ho sempre fatto le ferie nel pieno dell’estate, entro ferragosto: una consuetudine immutabile, fino a quest’anno in cui per la prima volta le ho programmate tra fine agosto e settembre.


Può sembrare solo un piccolo spostamento in avanti, e invece...


Eccomi in spiaggia, in una bella mattina di settembre: il sole è alto nel cielo e tuttavia obliquo, più tenue, più amichevole di quello di agosto.


Attorno a me poche persone, voci attenuate, nessun urlo..la brezza porta con sé il rumore del mare, la risacca pigra delle onde.


Puro relax, autentica sospensione, eppure lì al centro del petto, sottili, ma presenti, avverto disagio, ansia.


Le emozioni ci bisbigliano al cuore con il solo obiettivo di essere ascoltate, l'ansia è un corridoio che si fa più buio e più lungo solo se non lo si attraversa.


E allora provo ad addentrarmi in quell'oscurità. E scopro di sentirmi fuori posto e in colpa.


Fuori posto, perché tutti gli altri o almeno la maggioranza già lavorano in questi giorni di settembre ed io invece me la godo.


In colpa perché mai come in questo mio primo anno da consulente avrei dovuto riposarmi a inizio agosto, come sempre, per tornare nella mischia insieme a tutti gli altri fin dall'inizio di settembre. Perché così ho sempre fatto e dovevo continuare a fare.


Questo relax fuori tempo standard non lo merito, mi porterà male.


Sembra una superstizione: ho rovesciato il sale dell’abitudine, di ciò che dovrebbe o avrebbe dovuto essere fatto, merito una punizione, avrò sventura.


Mi allarmo: chi mi sta parlando nella testa? E’ la parte più vera di me, quella autentica, ritrovata, nella quale scorre la mia energia vitale o qualcun altro che parla di schemi e tradizioni, di maledizioni?


Eccola la convinzione limitante, eccola la voce subdola delle mie vecchie zie, il loro rimprovero, la loro superstizione: se si fuoriesce da uno schema consueto seguirà sventura.


Senza che me ne rendessi conto la loro voce si è attivata dentro me e ascoltarla mi ha reso debole; paura e ansia sono tornate a trovarmi, incrinando la mia volontà, il mio entusiasmo per il nuovo.


Mi ridesto, corro ai ripari.


In base a quale regola devo fare le ferie sempre e solo in un determinato periodo dell’anno per non meritare sfortuna?


Le nostre convinzioni limitanti spesso utilizzano i verbi dovere e meritare, il primo in positivo, il secondo in negativo: dobbiamo continuare a fare quello che si è sempre fatto, non meritiamo nient’altro di più di quanto già abbiamo.


Peggio, la più grande convinzione limitante è che se invertiamo le forme, se pensiamo anche solo di “non dovere più fare” e tuttavia “meritare” qualcosa andrà storto...


Sembra poco, sembra solo un gioco di parole è invece è tanto, ce lo insegna l'ontologia del linguaggio secondo cui ogni nostro costrutto verbale rivela e al tempo stesso crea un approccio della mente e della volontà.


E allora in questo primo anno della mia nuova vita professionale gestisco l'ansia di questo momento modificando il linguaggio con cui dialogo con me stesso.


Mi dico che non devo più fare ciò che ho sempre fatto, che posso decidere di vivere il mio personale tempo del riposo anche in tempi diversi dal solito; mi dico che se anche stravolgo questi dogmi acquisiti, se spezzo la catena della consuetudine, nonostante tutto io merito


È uno sforzo, può sembrare assurdo ma lo è: modificare gli automatismi della mente è difficile, perché in essi c'è la sicurezza di un terreno conosciuto, c’è il bisbiglio amorevole delle vecchie zie.


Ma tengo duro...metto a tacere le mie zie, modifico il mio linguaggio interiore creando la mia nuova convinzione potenziante e mi accorgo che dentro me torna il sereno.


Cambiare il proprio linguaggio interiore, passare da "devo e non merito" a "non devo e merito" è spesso una buona tecnica per ribaltare le proprie convinzioni limitanti.


Chiedersi cosa pensiamo di dovere fare e cosa pensiamo di non meritare, domandarsene il perché aiuta ad avviare il processo che scardina credenze e preconcetti, per trovare il coraggio di mettersi in cammino verso una nuova meta...o continuare a farlo con determinazione e serenità.


Sorridendo alle vecchie zie senza più farsene influenzare.

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